"Recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre. È una specie di schizofrenia." (Vittorio Gassman)

lunedì 20 dicembre 2010

300

Quando il bambino nacque, come tutti gli spartani fu esaminato. Fosse stato piccolo o gracile o malato o deforme sarebbe stato scartato. Quando fu in grado di reggersi in piedi ricevette il battesimo del fuoco al combattimento. Gli insegnarono a non indietreggiare mai e a non arrendersi mai, gli insegnarono che la morte sul campo di battaglia al servizio di Sparta era la gloria più grande che la vita avrebbe potuto offrirgli. All’età di sette anni, secondo le usanze di Sparta, il ragazzo fu strappato dalle braccia della madre e scaraventato in un mondo di violenza. Forgiato da trecento anni di una società guerriera, quella di Sparta, in grado di creare i migliori soldati che il mondo abbia mai conosciuto. L’Agogè come viene chiamata, costringe il ragazzo a combattere, lo riduce alla fame, lo costringe a rubare e se necessario, a uccidere. Con verghe e fruste il ragazzo fu punito, addestrato a non mostrare dolore, né pietà. Costantemente messo alla prova, gettato nella foresta, lasciato a misurare ingegno e volontà, contro la furia della natura. Era la sua iniziazione, affrontare la foresta, da li sarebbe tornato alla sua gente, da Spartano, o non sarebbe tornato affatto. Il lupo comincia a girare intorno al ragazzo, artigli di acciaio nero, pelo scuro come la notte, occhi rossi di fuoco, gioielli dalle cave dell’inferno. Il lupo gigante annusa, assapora il profumo del pasto imminente. Non è la paura a governarlo, ma solo la cresciuta percezione delle cose, l’aria fredda nei polmoni. I pini piegati dal vento della notte che incombe. Le sue mani sono ferme, la sua forma, perfetta. E così il ragazzo, dato per morto, ritorna al suo popolo, alla sacra Sparta, da Re, il nostro re Leonida!Sono passati più di trent’anni da quel lupo del freddo d’inverno e oggi come allora una belva si avvicina, paziente e sicura assapora il pasto imminente. Ma questa belva è fatta di cavalli e uomini, di lance e spade, un’armata di schiavi vasta oltre l’immaginabile, pronta a divorare la piccola Grecia, pronta a soffocare la sola speranza che ha il mondo di giustizia e ragione. La belva si avvicina ed è stato re Leonida proprio lui a provocarla.

L’elmo lo soffocava, gli limitava la visuale e lui deve vedere lontano!lo scudo era pesante, gli sottraeva equilibrio e il suo bersaglio è molto lontano! Il prode Leonida da testimonianza della nostra discendenza, il suo urlo è prolungato e intenso.


Ricorda chi eravamo, l’ordine più semplice che un re possa dare Ricorda perché siamo morti, lui non desiderava tributi o canzoni o monumenti, o poemi di guerra e coraggio, il suo desiderio era semplice: ricorda chi eravamo, così mi ha detto, era la sua speranza, se un anima libera dovesse arrivare in questo luogo, negli innumerevoli secoli di la da venire possano tutte le nostre voci sussurrarti dalle pietre senza età. Va a dire agli spartani viandante che qui secondo la legge di Sparta noi giacciamo. E così il mio re è morto e i miei fratelli sono morti, appena un anno fa. A lungo ho pensato alle parole del mio re, criptiche parole di vittoria. Il tempo gli ha dato ragione, perché da greco libero si è tramandata la notizia che il prode Leonida e i suoi 300 soldati così lontani da casa hanno dato la vita non solo per Sparta ma per tutta la Grecia e per la speranza difesa da questa nazione. Ora qui su questo aspro frammento di terra chiamato platea le orde di Serse affrontano la loro disfatta! Li davanti i barbari si raccolgono è nero il terrore che afferra saldo i loro cuori con dita di ghiaccio, conoscono molto bene gli impetuosi  orrori che hanno sofferto per le lance e le spade di trecento spartani e ora fissano lo sguardo su questa pianura dove ci sono 10000 spartani  alla testa di 30000 liberi Greci! Le forze del nemico ci superano di sole tre volte, buon segno per tutti i greci. Quest’oggi noi riscattiamo il mondo dal misticismo e dalla tirannia e lo accompagniamo in un futuro più radioso di quanto si possa immaginare. Dite grazie soldati! Al re Leonida e ai prodi 300!Alla vittoria!

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